Yoga, spumante e lucciole

Una riflessione sulla nostra attitudine nella pratica, nell'insegnamento dello yoga e nel nostro vivere.

Navigano silenziose
In un mare di oscurità.
Lucciole
Pino Farinella da: “Il Silenzio Della Vita”

E’una mattina di febbraio, sulla tavola mi aspettano il tè verde e il meraviglioso libro che ho appena iniziato. Un suono delicato attira la mia attenzione: è Facebook, mi ricorda che oggi è il compleanno di Andrea, che mi ha seguito nello yoga per diversi anni ma che non vedo più da tempo.
Scrivo un messaggio: “Andrea, auguri, come stai? Torni a praticare?”
Risposta: “Bene, intanto stappo una bottiglia di spumante.”

Certo, lo spumante rilassa, fa festa, fa gioia, fa vivacità… E allora perché praticare yoga, perché non bere un bel bicchiere di spumante o magari farsi uno spinello per rilassarsi?

Per alcuni anni avevo avuto davanti al mio sguardo Andrea e lui sembrava esserci, sembrava aver aperto la porta dell’ascolto; ma era solo quello che volevano vedere i miei occhi, mentre stava vivendo frustrazioni ed aspettative rispetto a se stesso e al vivere lo yoga.
Il messaggio sembrava dirmi: sono legato, lo sforzo non serve a nulla, meglio bersi un bicchiere di spumante che mi rilassa veramente!
Ha vinto l’utilità o l’inutilità, il voler risultati, l’aspettarsi qualche cosa… La paura di sentire.
Comprendo che non è il suo momento, che magari un giorno la vita gli regalerà la possibilità della meraviglia nell’ascolto in altri modi e per altre strade. Magari è già accaduto.
Va tutto bene, ma perché allora mi sento un poco sconfitta?

Quali sono le mie aspettative?
Sto insegnando yoga con l’idea di cambiare questo mondo disumano che non mi piace?

Sto veramente vivendo il momento presente con gratitudine e nella gioia e nell’arte dell’ascolto o ho anche io bisogno di un bicchiere di spumante?
Mi accorgo del mio sentire, lascio andare e finalmente mi sento liberata da questo senso di attaccamento alla persona, ad Andrea che praticava yoga con me, liberata dall’idea che tutte le persone che praticano con me possano aprirsi all’ascolto e cominciare a vedere la luce della vibrazione dietro la nebbia del proprio ego.

Asana, pranayama, bandha, cantare i mantra, lettura dei testi, silenzio sono strumenti per identificarci, per la convinzione di aver capito e di poter controllare l’energia vitale o sono momenti sacri e privilegiati di apertura e di ascolto verso la vita?

Certo lo spumante va giù che è un piacere mentre lo yoga tira fuori prima di tutto i nostri veleni, i nostri dubbi.
Vedere questi veleni, le aspettative che emergono e la violenza di desiderare che gli altri siano diversi da quello che sono non è facile.
Fa male il sentire che l’altro non ti ascolta, che l’altro non ti vede, che non dà valore a quello che fai.
Ma siamo forse noi a non vedere l’altro e a immaginarlo protagonista di un film tutto nostro?
Siamo convinti di aver capito, di poter educare, cambiare, guarire, insomma di ottenere risultati, anche nelle posture di yoga, ma ci accorgiamo di quanta violenza c’è nelle nostre aspettative?

Davanti alla sofferenza, nostra e degli altri (c’è differenza?) non si può far altro che tacere senza nutrire questa parte di noi.

Se sono silenzio lascio spazio a quello che già c’è. La magia della vita, nulla di più può essere essenziale.

Senza affanni, senza la ricerca, senza quello che fino ad oggi è stato il mio spumante: il ruolo.
Il ruolo di insegnante che vuole misurare il suo esistere nella pratica con il numero degli allievi. Assurdo. Come provare a prendere le lucciole nel barattolo di vetro, pensando di possedere la loro bellezza e rifiutando di sentire e vedere la violenza che stiamo facendo e che le porterà a morire. Lasciare andare il ruolo, l’allievo, l’altro, anche la pratica se e quando ci accorgiamo che diventa il vaso di vetro per prendere le lucciole.
Lasciare andare le nostre memorie, i nostri meccanismi inutili, liberi di vivere il presente nell’energia del cuore.
Siamo semplicemente e meravigliosamente degli esseri umani.
Se i nodi esistono ancora, noi non siamo più legati a questi nodi.
Il momento presente si rivela e tutto quello che si presenta è una gemma preziosa che transita nell’attimo infinito, come una lucciola nell’immensità della notte.

Carla Ricci